il lockdown italiano

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La pandemia di Coronavirus, esplosa in Italia a marzo 2020, ci ha costretti a 69 giorni di isolamento forzato nelle nostre case. Il lockdown ha messo a dura prova cittadini, famiglie, coppie conviventi, anziani. E ci ha mostrato immagini alle quali non eravamo abituati: piazze e strade deserte, l'eco delle sirene delle ambulanze che sfrecciavano per le città in un silenzio assordante. Le code fuori dai supermercati nell'attesa di poter riempire i carrelli con lo stretto indispensabile per i giorni a venire. I balconi sono improvvisamente diventati l'unico spazio reale di contatto col mondo esterno. I social, poi, hanno fatto il resto, diventando in una manciata di giorni il filo che avrebbe collegato e unito storie di tutto il Paese.

Ripercorrendo gli eventi più caratterizzanti, a distanza di un anno, cosa ci ha lasciato quel periodo? Come ci ha cambiato? E, soprattutto, cosa abbiamo imparato?

lockdown

«Guarda, se tu mi chiedi se siamo sulla stessa barca, a me suona nell’orecchio l’intervista che ho fatto a un lavoratore di uno di questi negozi che vendono cretinate, diciamo così insomma. E non capisco come alcuni negozi siano rimasti aperti quando chiudevano tutti. Questi negozi che vendono proprio dentiere a carica, robetta così: gomme, matite, penne strane. Il problema non è tanto che vendono stupidaggini, il problema è che c’è una precarizzazione del lavoro che fa veramente impressione: spesso il direttore di questi negozi ha 22, 23, 25 anni, e probabilmente neanche suo padre ha più una cultura del lavoro. Per cui il problema è veramente pesante.

Ma a parte questo, lui mi ha proprio detto: “noi non stiamo nella stessa barca”. E lui, oltre a lavorare in uno di questi negozi, è chiaramente uno dei tanti che di lavori ne fa 3 o 4, ed è anche uno di quelli che hanno lavorato portando il cibo a casa. E lui mi diceva “se porti la pizza a uno e la porti 10 minuti dopo e gli arriva tiepida o fredda, magari è un lavoratore precario pure lui, però bestemmia e se la prende con te” e lui mi diceva “possibile che non c’è neanche un po’ di empatia?”. Allora io, come dire, questa mancanza di empatia mi fa pensare a due cose: non solo alla mancanza di empatia, ma alla mancanza pure delle parole.

Un lavoratore, 50 anni fa, non avrebbe utilizzato il termine empatia, avrebbe utilizzato il termine solidarietà. L’empatia è una cosa umana. L’empatia ce l’ho col bambino, col vicino di casa, tra lavoratori c’è solidarietà, non c’è empatia. Ecco, per questo dico che sta succedendo qualcosa, è successo qualcosa che è molto grave: noi non ci percepiamo più come lavoratori. Noi non sappiamo veramente più che cosa siamo, cioè il nostro essere lavoratori, per esempio, è stato messo completamente in secondo piano.

E quindi, se tu metti in secondo piano la tua identità come lavoratore, non avrai più uno stipendio ma avrai una paghetta. E figuriamoci per quanto riguarda i diritti. E che c’ha i diritti il ragazzetto che pulisce la macchina al papà? Quello c’ha una paghetta e gli va bene se non prende uno schiaffo se l’ha pulita male».

- Ascanio Celestini -

cosa resta

La pandemia ha travolto tutto. Gli ospedali non lavorano più con i ritmi estenuanti dei primi mesi, ma la pressione è ancora tanta e continua a far male la conta dei morti quotidiani. Le scuole e le università sono deserte e con non poche difficoltà procedono da remoto. Non ce la fanno cinema, musei e teatri e tanti altre attività, spazi di aggregazione, che tengono spente le luci sperando nel ritorno, mentre restano aperti i luoghi di culto.

Sono 10 milioni gli italiani spazzati a un gradino dalla povertà assoluta. Non si riescono più ad affrontare spese essenziali come cibo, farmaci, bollette e affitto. Chi ha un lavoro in nero non può contare su alcun sostegno statale. Chi non ha un contratto di lavoro, più o meno tutelato, non riesce a proiettarsi in giorni migliori. Intanto aumentano le code davanti i centri di distribuzione alimentare.


Mobirise

>>>credits

Progetto di
Giulia Marchina, Vincenzo Monaco

Ringraziamenti
Mauro Palma, Ascanio Celestini, Jacopo Mastrangelo, Daniele Belotti, Clara Sistilli, Francesca Agnello, Marcello, Claudio, Michele Bertelli, Francesco Rizzo, Alessandro Serranò, FlyAge (Roma), Dronaut (Napoli), Geoflysurvey (Palermo), Pier Nicola Matricardi, Romolo, Cit, Kiki